di Giovanni Trapattoni – Dottore Magistrale in Scienze delle produzioni animali, Tecnico Alimentarista
e Michele Premi, PhD – Tecnico Alimentarista
Le micotossine sono molecole a basso peso molecolare molto stabili prodotte da muffe come Fusarium, Aspergillus e Penicillium che contaminano cereali, foraggi e altri alimenti destinati agli animali. Questi metaboliti fungini provocano una risposta tossica, sia nell’uomo che negli animali, in seguito ad ingestione, contatto con la pelle o inalazione. La manifestazione nella bovina da latte è prevalentemente in forma cronica e comporta disturbi nascosti come riduzione dell’ingestione, della produttività e della fertilità. Oltre alla natura e alla concentrazione della micotossina, sulla manifestazione degli effetti influiscono l’età dell’animale, lo stato immunitario, il carico infiammatorio già presente, e persino la composizione della razione e la qualità della flora ruminale.
In particolare, nei ruminanti la capacità di detossificare alcune micotossine è mediata dalla microflora ruminale, ma questa può essere compromessa da diete squilibrate o altre condizioni di stress. Inoltre, l’effetto tossico può essere sub-clinico e sommarsi a quello di altre tossine presenti (effetto sinergico), aggravando il quadro senza sintomi evidenti. Per questo motivo, la micotossicosi è spesso sottovalutata o difficile da diagnosticare, pur avendo impatti significativi sulla redditività di un allevamento di lattifere.
ORIGINE E DIFFUSIONE DELLE MICOTOSSINE
Le micotossine si sviluppano in due fasi: in campo (pre-raccolta) e in fase di stoccaggio (post-raccolta).
La loro presenza dipende da fattori climatici (temperatura, umidità), pratiche agronomiche e di conservazione del foraggio e da fattori biologico-meccanici (insetti, parassiti). L’interesse scientifico in materia si è evoluto ed approfondito nei decenni: se l’attenzione negli anni sessanta e settanta verteva sulle afl atos-sine B1, B2, G1, G2, negli anni novanta la ricerca si è concentrata su OTA (Ocratossina A) e ZEA (Zearalenone) mentre oggi è in rapido aumento l’incidenza di altre molecole quali Bikaverina (BIK), Acido Fusarico (FA), Beauvericina (BEA), Fusaproliferina (FUS), Sterigmatocistina (STE). Negli ultimi vent’anni, i casi di contaminazione in Italia hanno interessato soprattutto l’aflatossina B1, capace di trasformarsi in aflatossina M1 nel latte rendendolo non idoneo alla vendita, oltre a ZEA, DON e Fumonisine, micotossine particolarmente presente negli insilati e pastoni di mais degli ultimi anni.
EFFETTI DELLE MICOTOSSINE SULLA BOVINA DA LATTE
Le micotossine agiscono a diversi livelli e con sintomi variabili (Tabella 1)
MICOTOSSINE DA ASPERGILLUS: DA AFB1 A AFM1
L’aflatossina B1 (AFB1), una delle micotossine più pericolose, viene assorbita a livello intestinale dopo l’ingestione di alimenti contaminati. Nella bovina da latte, una parte della tossina è degradata dai microrganismi ruminali, ma una quota significativa viene comunque assorbita e trasportata al fegato, dove subisce biotrasformazione epatica. Qui, l’AFB1 può essere convertita in diversi metaboliti, tra cui la forma attiva AFB1-8,9-epossido, altamente tossica e cancerogena, e la aflatossina M1 (AFM1), che viene escreta nel latte già dopo poche ore (Tabella 2).
Il carry-over di AFM1 varia in base alla dose ingerita e alle condizioni fisiologiche dell’animale, ma l’aumento della concentrazione nel latte avviene nell’arco di 4-6 munte dall’inizio dell’ingestione di AFB1. Allo stesso modo, terminata l’ingestione continua della partita contaminata, la riduzione è altrettanto rapida. La relazione tra le due quantità viene predetta con precisione dalla funzione:
AFM1 (ppt) = 1.19 x AFB1 (µg/vacca/d) + 1.9
MICOTOSSINE DA FUSARIUM: ZEA, FB e DON
Le micotossine da Fusarium hanno un’azione multipla sulle lattifere, andando ad interessare sia la sfera riproduttiva che produttiva con però segni clinici poco evidenti. Infatti, rispetto all’Aflatossina che ha un’azione chiara e diretta, la sintomatologia subclinica di queste micotossine rende difficile andare ad identificare e contrastare il metabolita direttamente coinvolto. La variabilità degli effetti indotti di queste micotossine dipende da più fattori quali la loro concentrazione, la funzionalità ruminale e l’associazione con altre micotossine. Nel grafico sottostante viene riportata la sintesi di 21 studi scientifici pubblicati dopo 2015 relativi all’effetto delle micotossine da Fusarium (DON, ZEN, FB) su vacche da latte; se micotossine con effetti diversi sono state analizzate nello stesso studio, ogni effetto è stato attribuito solo alla micotossina maggiormente presente e che poteva es-sere responsabile. I risultati evidenziano come l’azione di queste micotossine pos-sa essere simultanea e esiti molto spesso in sintomatologie sovrapponibili, andando ad interessare la sfera riproduttiva, la capacità digestiva e di assorbimento degli alimenti, lo stato immunitario e la produzione e qualità del latte.
Lo zearalenone è una micotossina ad azione simil-estrogenica. Nei ruminanti, meno sensibili alla risposta estrogenica rispetto ai monogastrici, causa iperestrogenismo e riduzione della fertilità con le conseguenti riduzione del tasso di concepimento, di manifestazioni estrali anomale, vaginiti, edemi vulvari, aborti e sviluppo anticipato della ghiandola mammaria in manze prepuberi. Anche le Fumonisine in particolar modo la B1, sono dannose per le bovine se presenti a concentrazioni molto elevate. Infatti, la FB1 è in grado di interferire nella sintesi degli sfingolipidi di membrana e quindi viene ritenuta responsabile di epatotossicità e neurotossicità. Inoltre, può causare riduzione dello stato immunitario della vacca, della motilità ruminale e delle performance riproduttive in caso di prolungata esposizione all’animale.
Il DON, invece, è una micotossina che causa riduzione della capacità di ingestione da parte delle lattifere e, in casi estremi, rifiuto dell’alimento e vomito. La sua presenza negli alimenti è spesso utilizzata come indicatore dello stato di contaminazione dei prodotti e della presenza probabile di altre micotossine.
In particolare, la contaminazione degli alimenti con DON è frequentemente associata alla presenza di ZEA e T-2, il che contribuisce a rendere complessa e difficile l’attribuzione ad una tossina specifica gli effetti osservati negli animali in allevamento. La riduzione della capacità di ingestione è un parametro che ha una gravità e intensità differenti in relazione alla “salute” del rumine e al livello di carboidrati e di fibra fisicamente efficace della razione. Grande variabilità di effetti è riscontrabile anche per quanto riguarda la riduzione di incremento ponderale che potrebbe essere causata indirettamente dalla minore assunzione di alimento o direttamente dall’alterazione dei processi di sintesi ruminale che la micotossina è in grado di esercitare.
IL RUOLO DEGLI ADSORBENTI
Il livello di AFM1 dipende direttamente dalla quantità di AFB1 assunta: studi scientifici hanno dimostrato che anche basse dosi di AFB1 possono portare a superare il limite UE di 0,05 ppb nel latte. Per questo motivo, è fondamentale l’uso di adsorbenti, sostanze capaci di legare fisicamente le micotossine nel tratto gastrointestinale dell’animale, impedendo l’assorbimento sistemico. I più comuni includono argille naturali (bentoniti, sepioliti), pareti cellulari di lieviti e, più recentemente, additivi a base enzimatica.
L’efficacia dipende dalla polarità, della carica della micotossina e dalla struttura dell’adsorbente: per esempio, le aflatossine vengono facilmente sequestrate da bentoniti, mentre DON e ZEA richiedono approcci più specifici, inclusi enzimi degradativi. Gli adsorbenti possono migliorare la performance produttiva e ridurre il trasferimento di aflatossina M1 nel latte, ma devono essere valutati attentamente per evitare interferenze con nutrienti utili (vitamine, minerali).
Le micotossine sono ampiamente studiate negli animali, ma per i ruminanti abbiamo ancora pochi dati e ulteriori approfondimenti sono necessari. Sicuramente viene riconosciuto un effetto sul comportamento alimentare, digeribilità dieta o parametri di qualità del latte e caseificabilità. Molte micotossine regolamentate ed emergenti possono contaminare gli alimenti, soprattutto negli insilati e nei fasciati, caratterizzati da una microflora complessa, a seconda della fase di insilamento; in particolare, gli insilati possono essere contaminati da una moltitudine di tossine prodotte da Alternaria, Aspergillus, Penicillium e altre muffe. L’impiego di adsorbenti specifici (enzimi) o aspecifici (pareti di lievito ed altri sequestranti) possono ridurre il rischio di micotossicosi ma la prevenzione del problema in campo o alla ricezione degli alimenti è la miglior strategia attuabile.
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Fonte: https://www.ruminantia.it/micotossine-nelle-diete-per-bovini-un-aggiornamento-sui-limiti-massimi-di-sicurezza/
Fonte: F. Masoero et al., 2007
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