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Un’annata da dimenticare per il mais

di Davide Pedrini

L’annata 2024 per i maidicoltori lombardi sarà da dimenticare; infatti, a me-moria di agricoltore, non si era mai visto che, ai primi di giugno, la maggior parte del mais del “Corn Belt” italiano (ovvero le province Brescia-Cremona-Lodi-Milano) fosse ancora nei sacchi, in attesa di una finestra utile di semina dopo le abbondanti e continue precipitazioni, ed i terreni già seminati fossero talmente inzuppati di acqua da rendere il giovane mais in gran parte giallo e sofferente per asfissia, rendendo seriamente necessaria la risemina. Questo ha portato ad accumulare un ritardo di oltre due mesi sulle tradizionali tempistiche di lavoro, e in questi giorni, che si stanno effettuando i primi raccolti, è possibile fare i conti con le deludenti e magre produzioni.

Oltre che a rallentare le semine le abbondanti precipitazioni hanno arrecato molti danni alla coltura favorendo lo sviluppo di numerose problematiche.

Di seguito vediamo le principali e gli eventuali accorgimenti per contenerle, in modo da saperle gestire qualora si ripresentasse una stagione così anomala.

ASFISSIA RADICALE

Gli oltre 300 millimetri caduti tra marzo e aprile hanno provocato soprattutto nei terreni più pesanti forti ristagni d’acqua con conseguente asfissia e ritardi nella crescita, compromettendo ovviamente le relative rese.

Analizzando la gravità dell’inondazione di un appezzamento di mais o di una porzione di esso, che dipende sicuramente da molti fattori, quali lo stadio vegetativo, la durata e le temperature di aria e suolo, possiamo dire che le prime fasi vegetative del mais sono le più delicate; infatti, prima della fase V6 (stadio di 6 foglie) l’apice vegetativo è al di sotto della superficie del suolo e la pianta può sopravvivere solo 2-4 giorni a condizioni di allagamento. 

Senza ossigeno la pianta non può svolgere le funzioni vitali fondamentali, come l’assorbimento di nutrienti e la crescita dell’apparato radicale, e quindi, anche se l’inondazione non uccide le piante, questa può avere un impatto negativo a lungo termine sulla resa; infatti, le piante soggette ad un forte e prolungato stress da inondazione (oltre le 48-72 ore), se sopravvivono, possono rallentare lo sviluppo anche di 2-3 settimane e trovarsi più esposte al danno di malattie fungine o manifestare la crazy top (la spiga pazza al posto del pennacchio).

Oltre ai danni diretti provocati dalle inondazione, l’eccesso di disponibilità idrica ha fortemente ritardato lo svilup-po delle radici, rendendo le piante più sensibili agli stress idrici, visto che il loro apparato radicale non risultava suffi  cien-temente sviluppato per accedere all’ac-qua distribuita con le irrigazioni; ridotto la disponibilità di elementi nutritivi mol-to lisciviabili come l’azoto; e costipato eccessivamente il terreno, limitando l’os-sigenazione e l’approfondimento dell’ap-parato radicale.

Per limitare questa problematica è importante preservare la pendenza di scolo degli appezzamenti e mantenere corretta struttura del terreno con le lavorazioni e gli apporti organici; tuttavia eventi piovosi così consistenti, come quelli avvenuti questa primavera, non lasciano scampo anche al più abile agricoltore.

Gli unici accorgimenti possibili per poter rimediare in parte allo scarso sviluppo radicale e vegetativo e al compattamento del terreno sono stati sicuramente:

  • più interventi di sarchiatura con ancore profonde per facilitare l’arieggiamento;
  • aumento delle concimazioni azotate del 15/20% per contrastare le ingenti perdite, soprattutto nelle prime fasi di sviluppo della coltura;
  • utilizzo di biostimolanti, a base di leonardite, C organico o batteri azotofissatori, per ripristinare l’attività fotosintetica e stimolare l’emissione dell’apparato radicale;
  • riduzione dove possibile del turno irriguo ed aumento della pluviometria distribuita per evitare gli stress

Inoltre, nell’ottica della campagna 2025, per risolvere i problemi di calpestio e suola di lavorazione, dovuti alle veloci lavorazioni eseguite con condizioni non ottimali del terreno, si consiglia di seminare dove possibile delle Cover Crop con apparato fittonante come il rafano o la senape, in modo da arricchire in sostanza organica e ristabilire la struttura.

MARCIUME DEL SEME E DELLE PLANTULE (pythium spp)

Le cariossidi di mais seminate possono essere colpite da diversi funghi patogeni durante la fase di germinazione, tuttavia, se la semina avviene in un appezzamento ben preparato, con condizioni calde che consentono al seme di emergere rapidamente, è di solito possibile superare gli effetti dell’attacco. Si tratta di funghi presenti nel seme o nel terreno che causano marciume del seme o della giovane piantina e ne determinano la morte nel caso di infezioni gravi. I principali funghi responsabili di questa malattia appartengono al genere Pythium.

Questa malattia trova le condizioni favorevoli per il proprio sviluppo con terreni scarsamente drenati, molto compatti e umidi, l’alternarsi di basse temperature e ritorni di caldo, ed inoltre, il suo effetto è incentivato dalla presenza di altri fattori predisponenti che influiscono nel complesso su salute delle piante, emergenza e crescita precoce, come compattazione del suolo, presenza di residui colturali pesanti, formazione di croste, e un’eccessiva profondità di semina che può indebolire la plantula, ritardare l’emergenza ed aumentare la suscettibilità al patogeno.

Il Pythium è quindi una muffa dell’acqua debole che sopravvive nel suolo, che tende a predominare in terreni molto umidi che favoriscono la germinazione delle oospore svernanti; infatti l’acqua nel suolo fornisce un mezzo attraverso il quale le zoospore mobili germinate, che infettano il sistema radicale, possono nuotare e muoversi più facilmente. A livello di campo può causare sia sintomi lievi che gravi, infatti spesso sintomi precoci di crescita stentata, clorosi e piante mancanti possono essere seguite da un recupero quasi completo, mentre se le condizioni ambientali favorevoli persistono, i sintomi peggiorano e portano all’avvizzimento e marciume dell’intera plantula. Le piante mancanti possono essere distribuite a chiazze o sparse tra le altre piante e spesso, una pianta cloro-tica e rachitica si troverà accanto ad una sana.

Per ridurre il rischio di contrarre questa malattia è opportuno utilizzare sementi trattate con fungicidi che sono in grado di proteggere la plantula durante germinazione ed emergenza, fino a sei settimane dopo la semina ed evitare ristagni prolungati della coltura. Tuttavia, i ritardi nell’emergenza possono andare oltre i limiti della protezione fungicida e lasciare i semi vulnerabili alle malattie.

MOSAICO DEL MAIS (maize dwarf mosaic virus)

Responsabile di questa malattia è un virus che si conserva sulle piante infestanti spontanee, quali la sorghetta, e viene trasmesso al mais da afidi o cicaline. Le piante colpite sono solitamente distribuite in modo sporadico nel campo e i principali sintomi sono rappresentati da striature gialle tra le nervature delle foglie, visibili principalmente sulle foglie più giovani, e presenza di internodi accorciati. Questa malattia può causare una notevole riduzione nella dimensione della pianta, della spiga e delle cariossidi. Il virus del nanismo ruvido, come detto precedentemente solitamente è un problema sporadico, tuttavia quest’anno si è manifestato in maniera consistente soprattutto nelle capezzagne, in quanto le continue perturbazione non hanno permesso una costante gestione delle rive e dei canali con conseguente proliferazione della cicalina vettore del virus. Per evitare ingenti danni da questo virus si consiglia una corretta gestione della flora spontanea e il contenimento dei vettori.

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